NOTIZIE BREVI

ALI ORGEN È LIBERO!!!!!!!

GIOVEDì 28 OTTOBRE ORE 11 CONFERENZA STAMPA PRESSO LA CONFEDERAZIONE COBAS (via Lazio n°51)

lunedì 30 agosto 2010

sabato 4 PRESIDIO SOTTO IL CARCERE DI BENEVENTO

Sabato 4 Settembre il Comitato di Solidarietà ad Alì Orgen indice un presidio sotto il carcere di Benevento per denunciare ancora una volta l'ingiusta detenzione di Alì Orgen, le infami torture a cui sono sottoposti i curdi in Turchia e l'ignobile complicità dello Stato italiano nel genocidio del popolo curdo attraverso processi di estradizione illegittimi.

Il pullman per Benevento partirà dalla concattedrale alle ore 12,30 il costo del biglietto è di 10 euro a persona.
È fondamentale la partecipazione di quanta più gente possibile, ora più che mai serve una forte presenza che aiuti Alì a sopportare lo stato di detenzione e che richiami l'attenzione dei media affinchè il caso Alì Orgen diventi quanto più pubblico possibile.
Non possiamo permettere che gli infami accordi economici tra lo Stato italiano e quello turco  si consumino sulle spalle di Alì e di tutt* le/i curd*.

Chiunque voglia prenotare può passare dal phone-center di Alì in via Mazzini 105
o inviare una mail a aliorgenlibero@gmail.com

sabato 28 agosto 2010

finito il sit-in itinerante

Questa mattina si è svolto il sit-in itinerante in solidarietà ad Ali' Orgen che si è concluso come previsto in prefettura con una conferenza stampa e con il grido di giustizia degli amici di Alì.

L'iniziativa ha visto la partecipazione di un centinaio di persone, il risultato è buono, ma dobbiamo fare ancora meglio, non lasciamo Alì da solo.

Lunedì alle 18 alla sede della Confederazione Cobas in via Lazio 58 si terrà un'assemblea preparatoria per la manifestazione che il Comitato di Solidarietà ad Ali' Orgen sta organizzando sotto il carcere di Benevento.. In questo momento più che mai serve che Ali' senta il nostro calore affinchè si faccia forza in quell'ignobile carcere.

L'arresto di Alì è illegittimo ed assolutamente ingiustificato. Conferma la volontà repressiva del regime turco (e non solo) e l'assurda complicità dello Stato italiano nel genocidio perpetrato ai danni dei kurdi in Turchia.

ALÌ LIBERO- KURDISTAN LIBERO 

venerdì 27 agosto 2010

DAL BLOG SI SINISTRA CRITICA

Ali Orgen a Benevento: peggio del 41 bis

c'è stata la conferma dell'avvocato Pulito che Ali si trova a Benevento. Pubblichiamo una testimonianza di un detenuto arabo.
Un carcere con il regime di 41 bis, no, è
peggio del 41 bis, questo carcere è
Guantanamo…
Informacarcere.it - Forme Espressive [Testimonianze]
di Hussein Khaled
"Sud Italia"

...Dopo la condanna "ingiusta", ora la tortura; per quale motivo e per quale legge dobbiamo essere
torturati? O si stanno approfittando dell'occasione perchè sanno che i nostri governi non
intervengono? Sono stato trasferito dal carcere di Parma al carcere di Benevento il 18/01/08, all'inizio
ero molto contento del mio trasferimento perché ho sofferto molto nel carcere di Parma per il
maltrattamento e dei problemi, però e purtroppo, questa felicità non è durata molto perché dopo il mio
arrivo al carcere di Benevento sono rimasto sorpreso da questo carcere, un carcere dove hanno
ristrutturato una struttura solo per i musulmani che sono accusati di terrorismo!
Un carcere con il regime di 41 bis, no, è peggio del 41 bis, questo carcere è Guantanamo con tutti i
fatti, l'unica differenza tra questo carcere e Guantanamo è quella divisa arancione, noi siamo trattati
come prigionieri di guerra. Quando siamo arrivati qui non abbiamo trovato i nostri diritti come
detenuti e non parliamo del trattamento, la perquisizione e la vigilanza, non possiamo fare niente.
Senza perquisizione e vigilanza l'unica cosa che è permesso è "il respiro". Questo è un centro di
tortura psicologica, qui non ti toccano neanche con un dito però ti distruggono moralmente,
mentalmente, spiritualmente. L'unica cosa che ti viene in mente è di suicidarti, meglio di questa vita
senza diritti e senza dignità.
Io sono stato nel 41 bis e nell'EIV però non ho mai visto un regime di detenzione simile a questo.
E non dimentico delle finestre che sono chiuse con una piastra che impedisce all'aria ed alla luce del
sole di entrare, siamo dentro una scatola chiusa, non possiamo vedere il cielo nel passeggio per una
rete sopra la testa, "perché i musulmani volano!". E senza dimenticare nemmeno che ci sono alcuni
detenuti che hanno malattie respiratorie: asma, bronchite, ecc. e che ci sono fumatori dentro a questa
struttura chiusa: "la scatola", sia detenuti che guardie, cosa fanno questi malati? Però che se ne frega il
Ministero di quelli; in Italia basta solo l'accusa per rovinare la gente e per noi musulmani l'accusa non
manca. In questo carcere abbiamo trovato la legge e non abbiamo trovato i diritti, in questa struttura
http://www.informacarcere.it - Associazione Pantagruel - Firenze
siamo solo 9 persone: 5 algerini, 2 iracheni, 1 egiziano e il sottoscritto palestinese e questa è la nostra
sezione e abbiamo sentito che stanno per portare altri musulmani e questa è la nostra situazione in
generale senza dettagli...
Questo provvedimento è una vergogna per questo Stato e specificamente una vergogna per il
Ministero di Giustizia! Noi siamo in malissimo condizioni in questo carcere e stiamo organizzando
una protesta, uno "sciopero della fame" contro questo provvedimento del Ministero di Giustizia
contro i musulmani...
Hussein Khaled

Carcere di Benevento - febbraio 2008

giovedì 26 agosto 2010

SABATO 28 SIT-IN ITINERANTE


Ali Orgen libero
No all’estradizione



Non si può capire l’arresto e la richiesta di estradizione di Ali Orgen se non parliamo del Kurdistan, un paese negato che invece ha un suo popolo, suoi confini, una sua lingua, una sua cultura. Un paese di 40 milioni di persone che ha subìto e subisce il genocidio perpetrato da quegli stati che, come la Turchia ne occupano le terre e ne vogliono distruggere la storia. Per il solo fatto di parlare il curdo, si rischia la prigione. Ogni formazione politica curda è bandita.
Ali Orgen ha scelto come tanti altri curdi di manifestare e lottare per la liberazione del proprio popolo, il riconoscimento dei suoi diritti e l’indipendenza dallo Stato turco. Per questo, nel novembre del ’96 è stato arrestato. Dopo tre anni di carcere duro, in cui viene ripetutamente torturato, è condannato a morte, benché non sia mai stato accusato di alcun fatto di sangue. La condanna viene poi tramutata in ergastolo e successivamente in sei anni di reclusione. È un processo farsa. Al momento della condanna, ad Ali manca da scontare un residuo di pena, ma gli viene abbuonato.

Dal 2003 Ali vive a Taranto. Da un paio d’anni aveva aperto un phone center, il primo della città, per permettere a tutti gli stranieri di chiamare a prezzi modici nei propri paesi.
Nel 2005, in sua assenza, il processo viene riaperto, e in base alla riforma del codice penale turco, viene condannato a scontare quel presunto residuo.

La mattina del 18 agosto Ali viene arrestato. Su di lui pende una richiesta di estradizione totalmente ingiustificata. Ali rischia di finire nelle carceri turche, di essere torturato e ucciso.
Questo è Ali Orgen. Non quello dipinto come un “terrorista” dai mass media imbeccati dalle note dell’Interpol e dell’Ucigos, silenziosi complici, insieme al governo italiano, del sistema repressivo turco.
Nel più totale silenzio Ali Orgen è stato trasferito dal carcere di Taranto. Ciò a conferma del tentativo palese di isolarlo dai suoi affetti familiari e da quella vastissima rete di solidarietà che immediatamente si è creata nei suoi confronti.
Negli anni novanta Ali è stato vittima di un processo ingiusto. Oggi è vittima di una ingiusta richiesta di estradizione che si basa sull'assurda applicazione di un nuova legge liberticida.

Per questi motivi il Comitato di solidarietà ad Ali Orgen indice un sit-in itinerante sabato 28 Agosto 2010 dalle ore 10,00, con concentramento presso il phone-center di Ali Orgen sito in via Mazzini 105. L'iniziativa si concluderà presso la prefettura di Taranto, dove alle ore 11 è prevista una conferenza stampa finalizzata a ripristinare la verità sul caso di Ali Orgen.




Comitato di solidarietà ad Ali Orgen- No all'Estradizione


F.i.p. Via Lazio 87/A

mercoledì 25 agosto 2010

presidio di oggi

fonte PeaceRepoter

23/08/2010versione stampabilestampainvia paginainvia

condividi


Intervista all'avvocato Arturo Salerni, che ha difeso i curdi accusati di militanza nel Pkk
La situazione nel Kurdistan turco diventa sempre più grave. Dalla rottura del cessate il fuoco del 1 giugno scorso, sono almeno duecento le vittime degli scontri tra i militari turchi e i miliziani del Partito Curdo dei Lavoratori (Pkk), che si battono contro il centralismo di Ankara.
Il 23 agosto 2010 i vertici militari turchi hanno rispedito al mittente la tregua unilaterale proclamata dal Pkk, che chiede una soluzione politica al conflitto che insanguina il Kurdistan turco dagli anni Ottanta. Mentre aleggia anche l'accusa, per l'esercito turco, di aver usato armi chimiche nei bombardamenti delle postazioni Pkk, come denunciato dal settimanale tedesco Der Spiegel, anche in Italia è iniziata un'offensiva silenziosa contro il Pkk, con una serie di arresti contro curdi sospettati di fare da quinta colonna in Europa al Pkk.
PeaceReporter ha intervistato l'avvocato Arturo Salerni, che difende molte delle persone arrestate nell'ambito di inchieste differenti.
Avvocato Salerni, cosa succede?C'è una piega pericolosa negli ultimi giorni e nelle ultime settimane; arrivano le une dopo le altre notizie e provvedimenti che ci portano davanti al giudice. Non riesco a capire perché. Una grande fatica, ma fino a oggi l'abbiamo sempre spuntata.
Cerchiamo di fare chiarezza: quante e quali sono le inchieste in corso in Italia?C'è un'inchiesta a Roma, con le perquisizioni fatte la scorsa estate (2009 ndr), rimasta allo stadio delle indagini preliminari, che indagava su presunti illeciti finanziamenti a organizzazioni separatiste curde. Sono quattro i curdi indagati, quasi tutti gestori di negozi di kebab. Un'altra inchiesta è quella della Procura di Venezia, che indagava su campeggi che sarebbero serviti all'indottrinamento ideologico e all'arruolamento in favore del Pkk e furono arrestate una decina di persone a febbraio 2010, ma il Tribunale della Libertà li ha scarcerati tutti. Questo non significa che l'inchiesta è conclusa, ma significa che anche in questo caso l'inchiesta rimane là, con un fascicolo aperto. Oltre questo, ci sono una serie di mandati di arresto europei da parte della Francia che ha inchieste simili in corso. Nel corso del 2010 due di queste richieste - per persone indagate anche a Venezia - sono state respinte dalla Corte d'Appello di Firenze. Uno dei due è stato espulso in via amministrativa verso la Francia e su questo provvedimento stiamo per intervenire presso la Corte di Strasburgo, anche se giunto in Francia è stato rimesso in libertà.
Si tratta di persone stabilmente residente in Europa e in Italia. Perché vengono arrestate?Il caso di Nizamettin Toguc è davvero incredibile. Eletto deputato in Turchia nel 1990, si è dovuto rifugiare in Europa dove, in Olanda, ha ottenuto prima lo status di rifugiato politico e poi la cittadinanza. Toguc, alla luce del sole, conduce l'attività politica del parlamento turco in esilio e dell'associazionismo della diaspora curda. In vacanza per qualche giorno in Italia, è stato arrestato per un mandato di cattura internazionale a Padova. La Corte d'Appello di Venezia, il 13 agosto, dopo tre udienze, l'ha scarcerato. In qualche modo è stata riconosciuta l'infondatezza e la natura politica delle accuse. I giudici, per fortuna, hanno capito la situazione e l'hanno rimesso in libertà. Un altro caso di queste ultime ore pende presso la Corte d'Appello di Taranto. Io non sono il difensore di Alì Orgen, ma me ne sono occupato telefonicamente in queste ore. Orgen, residente da anni in Italia, sembrerebbe colpito da un provvedimento di condanna in Turchia e su di lui pende una richiesta di estradizione. Un'altra richiesta è stata presentata nei confronti di un presunto dirigente Pkk dalla Francia, Nedin Seven. Qualche mese fa Seven è stato consegnato prima alla Francia ma poi, di fronte alla richiesta turca di estradizione, la magistratura francese è dovuta tornare di nuovo a chiedere l'autorizzazione all'Italia. La Corte d'Appello di Roma ha respinto con una sentenza molto motivata la richiesta di estradizione.
Ma che senso ha presentare istanze destinate a cadere nel nulla?Difficile dirlo. L'elemento che emerge da questo quadro è che quando si arriva di fronte a una magistratura giudicate queste inchieste saltano. Ciò ne dimostra l'inconsistenza e la difficoltà nell'individuare la natura del reato, anche a causa del contesto.
Si riferisce a un contesto giuridico o politico?La questione curda è molto complessa e non può essere affrontata solo con le armi del diritto. In questo senso sussiste un elemento di grande ambiguità in sede europea, sia pure smentito più volte dalla Corte di Giustizia, rispetto all'iscrizione del Pkk nella 'lista nera' delle organizzazioni terroristiche. E' questo il punto sul quale la dottrina giuridica e le coscienza democratiche debbono iniziare a interrogarsi, ragionando sulla natura di un'organizzazione che rappresenta delle istanze popolari e che in uno schema semplicistico di lotta armata viene definita terrorista, ma si tratta di superare questo ragionamento, perché solo facendo questo si arriva a mettere sul tavolo della soluzione politica un attore come il Pkk, innanzitutto rappresentato da Ocalan, detenuto da dieci anni ma ancora il leader riconosciuto della minoranza curda in Turchia.
Una situazione, quella di Ocalan, che di per se merita un capitolo a parte nell'ambito della cultura giuridica.
La sua è una situazione gravissima, più volte segnalata dagli organi di giustizia comunitaria e del Consiglio d'Europa, oltre che dalla Commissione per la prevenzione della tortura. Le sue condizioni di isolamento, che ricordiamo essere quelle di un detenuto unico per tutto il carcere di Imrali, sono leggermente cambiate negli ultimi tempi, ma non abbastanza da non essere ritenute inumane e degradanti. La sentenza del Tribunale di Roma di dieci anni fa, proprio rispetto alla richiesta di estradizione di Ocalan riparato in Italia, sono ancora la bussola giuridica in materia e i giudici le tengono presenti di fronte a una richiesta turca di estradizione di un militante curdo che, qualunque sia la sua posizione, rischia di subire gravi violazioni dei suoi diritti all'interno del sistema carcerario turco.
Continueremo, quindi, ad assistere a arresti che poi si risolvono in un nulla di fatto? La questione è spinosa e ci costringe, anche in sede legale, a richiamare nozioni di storia, di geopolitica, oltre che di standard dei diritti umani. Una questione molto complessa, della quale si ritrovano investiti i giudici delle diverse città italiane. Certo si tratta di atti dovuti, ma si nota un particolare zelo in questa attività di attuazione di ordini di cattura e di richieste di estradizione. Cosa avremmo dovuto fare se, in passato, fosse passato dall'Italia Nelson Mandela, ricercato come terrorista in Sudafrica? Per uscire da questa situazione assurda serve una parola politica più alta che faccia chiarezza sulla questione curda, lontanissima dalla fattispecie della ordinaria storia di criminalità organizzata.
Christian Elia

SABATO 28 AGOSTO

IL COMITATO DI SOLIDARIETÀ AD ALI' ORGEN, SABATO 28 AGOSTO INDICE UN PRESIDIO CON CONFERENZA STAMPA DALLE ORE 10,00 NEI PRESSI DELLA CASA CIRCONDARIALE DI TARANTO PER INFORMARE LA CITTADINANZA DELL'INGIUSTIZIA CHE SI STA CONSUMANDO NEI CONFRONTI DI ALI'.



martedì 24 agosto 2010

Ali Orgen libero
No all’estradizione



Non si può capire l’arresto e la richiesta di estradizione di Ali Orgen se non parliamo del Kurdistan, un paese negato che invece ha un suo popolo, suoi confini, una sua lingua, una sua cultura. Un paese di 40 milioni di persone che ha subìto e subisce il genocidio perpetrato da quegli stati che, come la Turchia, ma anche l’Iran, l’Iraq e la Siria, ne occupano le terre e ne vogliono distruggere la storia.
Ali Orgen è di Bismil. Quotidianamente la Turchia, paese occupante, incarcera, tortura, ammazza, usa armi chimiche, reprime tutti i curdi che lottano per l’indipendenza e per la creazione di una società nuova. Per il solo fatto di parlare il curdo, si rischia la prigione. Ogni formazione politica curda è bandita. Del resto, Amnesty International, altre ong, giuristi democratici, parlamentari di tutto il mondo, hanno denunciato e denunciano ripetutamente questo sistema repressivo turco nei confronti dei curdi.
Ali Orgen ha scelto come tanti altri curdi di manifestare e lottare per la liberazione del proprio popolo, il riconoscimento dei suoi diritti e l’indipendenza dallo Stato turco. Per questo, nel novembre del ’96 è stato arrestato. Dopo tre anni di carcere duro, in cui viene ripetutamente torturato, è condannato a morte, benché non sia mai stato accusato di alcun fatto di sangue. La condanna viene poi tramutata in ergastolo e successivamente in sei anni di reclusione. È un processo farsa, che si svolge senza un avvocato difensore. Al momento della condanna, ad Ali manca da scontare un residuo di pena, ma gli viene abbuonato.
Dal 2003 Ali vive in Italia. Ha scelto di vivere a Taranto, città in cui ha sempre lavorato e in cui ha creato solide e molteplici relazioni sociali. Da un paio d’anni aveva aperto un phone center, il primo della città, per permettere a tutti gli stranieri di chiamare a prezzi modici nei propri paesi. Il centro, ribattezzato “Alicenter”, è diventato un punto di riferimento per tutti i migranti di Taranto e provincia.
Nel 2005, in sua assenza, il processo viene riaperto, e in base alla riforma del codice penale turco, viene condannato a scontare quel presunto residuo.
Quando quest’anno richiede un nuovo passaporto turco per rinnovare il permesso di soggiorno, per tutta risposta insieme al diniego arriva la richiesta di estradizione.
La mattina del 18 agosto Ali viene arrestato. Su di lui pende una richiesta di estradizione totalmente ingiustificata. Ali rischia di finire nelle carceri turche, in cui perdurano le torture, in cui i curdi sono detenuti in condizioni disumane e uccisi.

Questo è Ali Orgen. Non quello dipinto come un “terrorista” dai mass media imbeccati dalle note dell’Interpol e dell’Ucigos, silenziosi complici, insieme al governo italiano, del sistema repressivo turco. Per ulteriore chiarezza ribadiamo che Ali Orgen non è affatto coinvolto nell'inchiesta sul cosiddetto “terrorismo curdo” in Italia, che peraltro si è conclusa in un nulla di fatto, né su questo si basa la sua richiesta di estradizione.
Negli anni novanta Ali è stato vittima di un processo ingiusto. Oggi è vittima di una ingiusta richiesta di estradizione che si basa sull'assurda applicazione di un nuova legge liberticida.

Per questi motivi è nato il Comitato di solidarietà ad Ali Orgen. Questo comitato porrà in essere una serie di iniziative pubbliche per la sua scarcerazione e invita i singoli cittadini e tutte le organizzazioni che sostengono i diritti umani e i diritti dei popoli ad attivarsi per sostenere questa causa e per impedire l'estradizione.

Comitato di solidarietà ad Ali Orgen